CRLunedì 9 settembre la basilica di S. Maria del Pi di Barcellona accoglie il ritorno del “Jesuset” delle Olimpiadi Popolari, una piccola immagine di Gesù Bambino in costume salvata dall'incendio del tempio con una storia straordinaria alle spalle. L'opera arriverà a Barcellona dal Galles, nel Regno Unito, dove fu conservata dopo la morte del suo salvatore, Philip Arthur Dee, e metterà così fine a un’odissea iniziata nel luglio del 1936.
Philip Arthur Dee era un giovane di 21 anni quando fu selezionato per partecipare, insieme a una quarantina di altri giovani, in rappresentanza del Regno Unito, alle Olimpiadi Popolari di Barcellona, che si sarebbero svolte nel luglio del 1936. Lui e i suoi compagni, durante il loro soggiorno a Barcellona, alloggiarono presso l'Hotel Internacional de la Rambla, vicino a Pla de l'Os, all'angolo con Carrer Boqueria, molto vicino a Santa Maria del Pi (S. Maria del Pino).
Malauguratamente, non fu possibile svolgere l’evento sportivo a causa dello scoppio della Guerra Civile Spagnola. Data la vicinanza dell'albergo dove alloggiavano gli atleti inglesi alla basilica del Pi, essi poterono vedere dalle loro stanze come bruciava la chiesa. Furono avvertiti di non lasciare l'albergo a causa del pericolo, ma gli atleti decisero di disobbedire alle raccomandazioni.
Quando raggiunsero la strada videro che la chiesa era ancora in fiamme, oltre a trovare tutte le immagini e gli oggetti religiosi ammucchiati e gettati in strada, molti danneggiati dal fuoco e dalla distruzione. Dee vide un'immagine di Gesù in croce a terra e maciullata, e anche la piccola immagine del Bambino Gesù con gli occhi fusi dal fuoco, che facevano sembrare che le lacrime gli scorressero lungo il viso.
Il giovane atleta afferrò la piccola immagine di Gesù Bambino perché sentì di doverla salvare da ulteriori danni e donarla a qualcuno perché la custodisse. Voleva essere sicuro di rivolgersi alle persone giuste, che non lo avrebbero distrutto. Ma prima che potesse trovarle, la squadra britannica fu rimpatriata in tutta fretta, lasciando Barcellona in nave verso la Francia e poi verso il Regno Unito.
Philip Arthur Dee morì a Carshalton, a sud di Londra, nell'ottobre del 2001. Raccogliendo i suoi effetti, gli eredi trovarono una scatola contenente la statuetta insieme a un documento scritto a mano che raccontava la storia del salvataggio dell’icona. Maralyn Westbury, sua figlia, ha deciso così di mettersi in contatto via email con la basilica del Pi per poter restaurare l'immagine, così come avrebbe voluto suo padre.
Testimonianze del patrimonio religioso colpito delle guerre
L'immagine non ha un alto valore artistico: è una delle tante immagini in costume, comunemente chiamate “cap i pota”, letteralmente "testa e piedi", così diffuse nella nostra tradizione iconografica (immagini devozionali con abiti e di cui sono visibili solo la testa e i piedi, ndt). Nonostante questo scarso valore materiale, il suo valore simbolico è altissimo.
Infatti, l'immagine danneggiata nella distruzione della chiesa del Pi è paragonabile, forse, ad altre testimonianze del patrimonio religioso colpito dalle devastazioni delle guerre come la Croce di chiodi di Coventry - realizzata con i chiodi che reggevano le travi delle volte della cattedrale di Coventry, del XIV secolo, distrutta dai raid aerei tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale - o della Vergine di Nagasaki, un busto mariano calcinato proveniente dalla cattedrale di Urakami, che fu completamente distrutta durante il bombardamento atomico trovandosi a soli 500 metri dall'epicentro della detonazione della seconda bomba atomica lanciata dagli Stati Uniti.
Questo tipo di testimonianze spesso ricordano a chi le contempla l’importanza di non ripetere gli errori storici del passato e scommettere sempre sulla riconciliazione. Un compito, però, che in alcuni casi risulta ancora piuttosto doloroso.